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Campionati italiani Media distanza e a staffetta 2019

I primi titoli italiani 2019 sono stati assegnati nei boschi di Carpegna, un posto che sembra tanto di dover arrivare in Val d’Aveto da tante solo le curve da percorrere in macchina. La tre giorni organizzata da Picchio verde e IKP ci fa valicare numerose volte il confine tra Emilia Romagna e Marche, lungo strade che in taluni casi hanno visto l’ultima manutenzione all’epoca degli Etruschi (diffidare dell’opzione di Google Maps “percorso più breve” quando ci si inoltra negli Appennini).

 

 

La tre giorni comincia venerdì 3 maggio con la gara regionale che si disputa in serata a Pennabilli. Percorso a sequenza libera (come lo odio!), partenze libere dalle ore 18. Pennabilli è un grazioso paesino la cui mappa si sviluppa come una specie di simbolo come questo a: la partenza è proprio in mezzo alle due pendenti colline sulle quali troneggiano le rocche di Pennabilli. Ci sarà da salire, e tanto: il percorso prevede un bel 10% di dislivello rispetto alla lunghezza. Fino al momento del “clear” tutto scorre liscio. In quel momento però comincia a piovere. Le strade e le zone ripide in erba diventano una specie di superficie saponata; a tutto questo si aggiunge una carta in scala 1:4000 che a tratti rende invisibili certi passaggi (la gara è regionale e certi regolamenti vanno rispettati, ma un bel 1:2500 sarebbe stato TANTO preferibile). Comunque, anche dopo questa presentazione, sfido chiunque a trovare in corsa e sotto la pioggia, mentre si cerca di stare in piedi sul “saponato” i punti 34 e 44: il cerchietto della 34 è invisibile, e il codice 34 è sovrascritto ad un mega roccione nero; il cerchietto della 44 è quasi parimenti invisibile ed anche il codice è ben camuffato. Visto che è la gara che precede i campionati italiani, chi prende una mala parata preferisce completare il percorso senza punzonare tutte le lanterne limitando al minimo il consumo di energie. Io non ho nulla da chiedere ai campionati italiani, e quindi nonostante una uscita dal punto 37 in direzione 180° di distanza rispetto alla 35, termino la gara. Con le gambe insanguinate per aver raggiunto il punto 35 da ovest, ma la finisco. Con la schiena piena di fango e erba per le scivolate dal punto 45, ma la finisco. Tanto basta per essere a metà classifica, perché in ogni categoria ci sono una marea di PM.

 

Sabato si sale a Carpegna. Il ritrovo è nel complesso dove risiedono i paracadutisti della Folgore. La gara si svolgerà nel Parco Sasso Simone e Simoncello dove questi si addestrano. La carta di gara è uno spettacolo, praticamente tutta bianca! Punti di riferimento ce ne sono gran pochi, e tutto il rilievo risulta molto generalizzato a causa anche delle nuove direttive IOF che impongono ai cartografi di generalizzare molto, senza dover inserire tutti-proprio-tutti i dettagli. Mio parere: TAVANATA GALATTICA! Le regole imposte dagli alti papaveri dell’IOF cozzano spesso con la realtà dei fatti: è chiaro che se cerchi di cartografare certe zone della Svezia dove c’è una concentrazione di massi come nemmeno a Refrontolo, DEVI generalizzare, altrimenti la mappa diventa un frattale di Mandelbrot. Ma se cartografi un’area nella quale è tanto se trovi una roccia o una carbonaia ogni 200 metri, senza cambi di vegetazione, magari la generalizzazione è un po’ meno richiesta. Comunque è una specie di orienteering “back to the 90s”: quando orientava la mappa girando la ghiera della bussola per far entrare l’ago tra le due rette parallele disegnate sulla bussola, e via di azimut e di attenzione alle distanze (= contare i passi). Mancano tutti quei dettagli che “tengono in rotta” dalle nostre parti, e che in caso di errore fanno capire più o meno subito dove diamine si è finiti. Qui no. Qui se si sbaglia si poco si finisce in una zona “nulla cosmico” del tutto simile alla zona “nulla cosmico con lanterna” che si sta cercando. Io faccio un azimut dietro l’altro fino alla 5; per la 6 prendo la “complanare” (leggi: sentiero) fino al naso che sta sopra il punto: allungo di 500 metri ma evito di perdermi nell’Area 51 di Parco Sasso Simone. Fino alla 10 ci sono un po’ di rocce a fare da punto di riferimento, e ‘ultima lanterna da trovare con tanta tanta attenzione è la 16, cui casco sopra più per culo che per abilità. Finire una gara in 1h23m45s, quando il vincitore ci ha messo 34 minuti, e dire che ho fatto proprio una bella gara lascia una sensazione un po’ così… però nel parterre dopo gara sarà tutto un profluvio di “qui ci ho lasciato 6 minuti… io 12… io 17… io 31 minuti!” anche da parte di celebrati campioni e campioncini e campionesse, quindi mi risollevo di morale e dico che mi è andata proprio bene.

 

Mi va bene anche domenica. Come speaker corre alle 8 del mattino una Direct corta, da poco più di 30 minuti di fatica, perché le gambe sono cristallizzate per via della gara del giorno prima e delle successive 4 ore di commento seduto sulla panca al freddo. Il diluvio scatenatosi durante la notte tra sabato e domenica ha fatto diventare fiumiciattoli le canalette asciutte, fiumi in piena le canalette bagnate, e qua e là dove ci dovrebbero essere sentieri o avvallamenti ci sono autentici torrenti in piena o laghetti: pur non avendo nulla da vincere, e quindi stando attento a dove metto i piedi, finisco un paio di volte a mollo fino ai “gioielli di famiglia”. Però faccio il giro speaker con il sole. Nulla da paragonare a quello che patiranno i concorrenti in gara nella staffetta. Ore 10: il cielo diventa nero. Ore 10.09: si scatena un diluvio di pioggia gelata che sembra di essere in un film dell’orrore di Hollywood. Da quel momento in poi si susseguiranno piogge ghiacciate e grandinate una dopo l’altra (grandina di traverso anche sotto il gazebo speaker, dove ogni tanto rimbalzano proiettili di ghiaccio che si stampano sullo schermo del computer). Nel bosco la situazione diventa da Survivor: i ritiri si susseguono uno dopo l’altro, anche di squadre che si sono trovate loro malgrado nel gruppo di testa. La temperatura scende a 4 gradi, tutti i movimenti del terreno sono ornai ridotti a fiumi in piena e alcuni elite affermeranno di aver trovato nella parte alta dei nuovi laghetti che non erano segnati in carta nemmeno come paludi. Il tutto diventa epico, o folle, o semplicemente troppo hard per tantissime squadre. In alcune categorie le medaglie verranno assegnate “ai sopravvissuti” che si sono palesati in zona premiazione dopo essere stati dati per dispersi. In W35 le vincitrici partono con l’ultima frazionista in vantaggio di 40 minuti sulla squadra immediata inseguitrice e devono aspettare praticamente un arrivo in volata per vedersi assegnare la medaglia. In WElite solo due squadre riescono a dare il cambio alla terza frazionista prima del lancio di gruppo. In M20 il terzo frazionista della squadra vincitrice al traguardo non riesce nemmeno a capire cosa sta succedendo: è praticamente congelato e lo devono far riprendere buttandogli addosso qualunque vestito possibile. Una giornata da “io c’ero” al termine della quale lo speaker dirà “ognuno dei partecipanti si è guadagnato la medaglia per la missione di oggi”.

 

Speriamo che settimana prossima a Vigolo Vattaro le condizioni siano migliori, perché gli organizzatori hanno già detto che se si ripetesse un maltempo del genere la gara verrebbe interrotta!

Stefano Galletti 

Allegati:
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